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Inediti linguaggi del corpo e dell’anima

Aggiornamento: 20 apr 2023


Nico Max Richter
Nico Max Richter

Nel gennaio 1943 i Campi di transito aperti dal Reich ad Amersfoort e Westerbork (Paesi Bassi) si rivelarono inadeguati ad assorbire il flusso deportatorio dei civili olandesi; di conseguenza il Reich aprì Kamp Vught presso ‘s-Hertogenbosch [Noord-Brabant]. Al pari di Natzweiler-Struthof, Kamp Vught era un Lager direttamente gestito dalle SS fuori dal territorio metropolitano del Reich; tra il 1943 e 1944 furono trasferiti 31.000 prigionieri ebrei, prigionieri politici, combattenti della Resistenza olandese, Roma, Bibelforscher, omosessuali, criminali comuni, persone accusate di contrabbando e senzatetto – dei quali 420 tra uomini, donne e bambini perirono di inedia, malattia e abusi mentre 329 furono uccisi su esecuzione. In vista dell’arrivo delle truppe Alleate dopo lo sbarco in Normandia, Kamp Vught fu evacuato dalle SS nel settembre 1944; a fine ottobre 1944 il Campo su liberato dalle truppe canadesi.


Presso Kamp Vught furono trasferiti numerosi musicisti e compositori olandesi tra i quali il flautista e compositore Everard van Royen e il direttore d’orchestra Piet van den Hurk; su autorizzazione del comandante Karl Chmielewski, fu costituita un’orchestra professionale di 25 professori – prevalentemente ebrei – sotto la bacchetta di van den Hurk tra i quali eccelsero il trombettista e pioniere della tromba barocca Pieter Dolk, il violinista Hans Domisse e il chitarrista Max Groen. L’orchestra inevitabilmente variava in numeri e organico in base ai continui trasferimenti presso Westerbork e Lager nel territorio metropolitano del Reich nonché in base all’arrivo di nuovi prigionieri musicisti; furono utilizzati strumenti musicali prelevati dalle SS a ebrei e altri musicisti trasferiti.


Versata in un repertorio classico e musiche da salotto, tra le quali persino una parodia sul treno che conduceva al Lager, l’orchestra di Kamp Vught provava generalmente la mattina – nel pomeriggio, direttore e professori d’orchestra erano adibiti a mansioni di pulizia presso la Krankenrevier – e si esibiva in un concerto settimanale in un padiglione aperto a prigionieri e autorità del Campo o per la SS Kommandantur nel cortile interno del Lager; dopo quattro mesi, l’orchestra fu sciolta dal nuovo comandante Adam Grünewald e i musicisti nuovamente destinati a lavori di fatica.


Il compositore ebreo olandese Nico Max Richter (foto in alto) studiò altresì medicina presso l’Università di Amsterdam, si aggiudicò il Prix Henry Le Bœuf con il Concertino per violoncello e cinque strumenti, nel 1937 assunse l’incarico di direttore della Amsterdamsche Studenten Muziek Vereeniging; tra i suoi lavori, l’opera da camera Amorys e la sua orchestrazione dell’opera Baal Shem di Ernest Bloch.


Dopo l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi, Richter entrò nella Resistenza, congedò i musicisti dell’orchestra studentesca e completò gli studi di medicina; vittima di delazione, durante la notte del 17 aprile 1942 fu arrestato e imprigionato ad Amsterdam, successivamente a Scheveningen [L’Aja], il 6 novembre fu trasferito ad Amersfoort e il 18 gennaio 1943 a Kamp Vught. Partecipò all’attività dell’orchestra del Campo, il 1° agosto 1943 si esibì in una performance di musica da camera; il 15 novembre del medesimo anno fu trasferito a Westerbork e in seguito a Birkenau.


Le studentesse Henriette [Hetty] Voûte e Gisela Söhnlein aderirono alla Resistenza olandese utilizzando lo pseudonimo Piglet & Pooh (dal libro per bambini Winnie the Pooh di Alexander Milne), esse aiutarono numerosi ragazzi ebrei olandesi a fuggire o nascondersi; nel giugno 1943 furono catturate e trasferite a Kamp Vught, ivi scrissero le canzoni Wij laten de moed niet zakken, Het Kapo Lied, Onze luis heeft neten gekregen, verso la fine del 1944 furono trasferite a Ravensbrück.


Gli anni ‘40 del secolo scorso segnarono l’epopea non solo delle forme più ardite di teatro ma anche del cabaret, persino i grandi cantanti di provata esperienza lirica non disdegnavano di esercitare generi diversi di lettura dei testi e performance vocale; nei Campi, la professionalità dei cantanti era sempre salvaguardata ma c’erano artisti che svilupparono percorsi teatrali diversi come il Nonsens-schlager, genere di canto in voga in quegli anni nel cabaret basato su parole a sfondo omosessuale.


Dal punto di vista strettamente artistico, i Campi vanno intesi come anomale realtà metropolitane; esperienze di cabaret come pure di teatro lirico, operetta, canto tradizionale, generi di intrattenimento di cafè o night club si avvicinano quasi a toccarsi e non sono rari i casi di commistione. I musicisti trasferirono in Ghetti, Lager, Gulag e Campi di prigionia militare la frenesia artistica metropolitana; è un ciclone che non distrugge ma anzi rimette al loro posto pensieri e azioni dell’uomo scatenando inimmaginabili genialità e inediti linguaggi del corpo e dell’anima.


Dopo oltre 70 anni, siamo ancora nell’occhio del ciclone.


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